SPRING AWAKENING e CHICAGO a Bologna
A Summer Musical Festival, la rassegna di musical organizzata
a Bologna dalla Bernstein School of Musical Theater, diretta da Shawna Farrell è giunta alla
settima edizione, consolidando l’eccellenza e l’importanza di una manifestazione
del genere per gli appassionati e gli addetti ai lavori. Questa rassegna è da
una parte una prestigiosa vetrina per i giovani allievi che hanno l’opportunità
di mettere in mostra il loro talento e il frutto del percorso di studi
intrapreso, dall'altra offre al team creativo degli spettacoli di
sperimentare fuori da logiche di mercato. I primi due appuntamenti
in programma lo scorso maggio sono andati in scena al Teatro Duse.
Il
primo spettacolo proposto è stato SPRING AWAKENING. La
vittoria di otto premi Tony, tra i quali miglior musical e migliore regia, è
stata la definitiva consacrazione internazionale per questo spettacolo,
folgorante adattamento del celebre "Risveglio di Primavera" di
Franz Wedekind, che è diventato uno degli spettacoli cult di Broadway sull'onda
di un travolgente successo di critica e di pubblico. Il motivo principale di
questa irresistibile ventata di freschezza sui palcoscenici di New York di uno
spettacolo davvero nuovo e ambizioso anche se imperfetto, è forse dovuto al
fatto che gli autori (musica seducente e malinconica del cantautore
pop Duncan Sheik, liriche e libretto di Steven Sater) non hanno trasferito la
vicenda di Wedekind riguardo i piaceri e i pericoli delle tempeste ormonali
della pubertà in una scuola media suburbana americana, come ci si potrebbe
aspettare, ma l’hanno lasciata nel proprio contesto originale veicolandola però
(e qui sta la genialità) di un linguaggio appropriato per riportare alla nostra
quotidianità i tormenti degli adolescenti, ossia un indie-rock dal
fortissimo impatto che esalta l'assoluta mancanza di convenzionalità e
l'empatia con cui l'autore era riuscito ad identificarsi con gli aneliti e gli
spasmi dei giovani di allora: i due giovani sacrificati sull'altare
del decoro quali Moritz (un sicuro e tormentato Alessio Antelmi) e Wandla (la delicata e bravissima Claudia Luzzi) – il primo suicida per la vergogna di fantasie sessuali e brutti voti, la seconda vittima di un
aborto fallito – insieme alla condanna al riformatorio di Melchior (l’ottimo e
carismatico Michele Anastasi) suscitano oggi la stessa pietà e
commozione, come l'amore omosessuale tra Hanschen ed Ernst (Paride Scocco e Pietro
Galetta), e la violenza che Martha (una straziante e comunicativa Pamela
Giannini) subisce dal proprio padre.
Nonostante
l'Arte e l'integrità di gran parte del loro lavoro, il musical di Sheik e Sater
cade in alcune tra le solite trappole che accompagnano i tentativi di tradurre
un'opera d'arte da un contesto all'altro. Tende a semplificare le trame emozionali
nel dramma. Tutti i ruoli per adulti sono interpretati da due attori, ad
esempio, che indirizza il dramma troppo saldamente nella direzione di un
racconto standard di conflitto generazionale tra autorità collettiva ed
espressione individuale. L'esempio classico arriva quando Melchior viene
trascinato davanti ai direttori della scuola per riferire informazioni sui
fatti accaduti: qui canta una canzone ("Totally Fucked") forse un po' ruffiana, che diventa
un grido di protesta radicale e applauditissimo. Nel dramma di Wedekind, i
giovani sono impotenti di fronte alla barbarie degli adulti: qui hanno il
potere della musica - il che è evidentemente buono in linea di principio per un
musical, ma rischia di "uccidere" la tragedia.
Come
in RENT, il musical racconta le speranze, i sogni, i
tormenti di un gruppo di giovani destinati a soccombere di fronte alla vita,
che tuttavia combattono sino in fondo per i propri ideali. E se RENT reinventava
la Bohème nel Lower East Side di New York, SPRING AWAKENING colloca le
vicende degli eroi di Wedekind in una metropoli senza una esatta
definizione, ma con riferimenti sia all'epoca del dramma originale che ai
nostri giorni, conquistando il pubblico giovanile che si identifica totalmente
con quelle battaglie, quei sogni e quelle frustrazioni.
La regia
di Mauro Simone, appassionante ed ispirata, ne esalta le speranze e
le contraddizioni: la vita, per dirla con il titolo della canzone più celebre,
è sempre «stronza», ma guai a non viverla sino in fondo. Mauro
Simone ci ha abituato a regie che partano da un concetto visivo ben preciso e
in questo caso troviamo (le scene sono di Gabriele Moreschi sapientemente
illuminate da Emanuele Agliati) una parete di finestre di diverse
forme, stili e dimensioni e con una porta: per lui, ieri come ancora oggi,
Melchior, Wendla, Moritz, Hanschen, Ernst e Martha nel momento in cui scoprono
la propria sessualità e si lasciano travolgere dal desiderio temono il giudizio
di chi li sorveglia da fuori le finestre («chissà cosa
penseranno di me») ma allo stesso tempo, i loro gesti hanno la purezza di chi
non rinuncia a sognare e di affacciarsi e guardare oltre quelle
finestre.
Questo SPRING
AWAKENING racconta tutto ciò intrecciando eros e thanatos,
speranza e delusione, solidarietà e tradimento grazie anche alla accurata
direzione musicale di Vincenzo Li Causi (la parte corale degli
spettacoli della BSMT sono come al solito una garanzia) e alle belle e
suggestive coreografie di Giorgio Camandona (davvero una
piacevole scoperta), movimenti mai banali ma di supporto
all'azione scenica, grazie anche all'aiuto di una serie di sedie, con
dei fari LED attaccati sotto la seduta, spostati e agitati dai giovani attori a
suggerire a volte un senso di ordine/costrizione e altre una voglia di
emanciparsi da un’educazione/istituzione bigotta e repressiva per far emergere
il pensiero interiore dei ragazzi.
Impressa
nella memoria rimane la felice sensazione di aver assistito a qualcosa di
insolito e di ambizioso, qualcosa di vitale, nuovo e – soprattutto –
terribilmente vero. E l’energia che nasce dalla Verità è sempre quella più
genuina, ed il pubblico del Duse risponde con entusiasmo alla celebrazione
commossa dell'eterna fragilità della condizione umana.
Il
secondo appuntamento è con CHICAGO. La rilettura del regista Saverio
Marconi, che confeziona il tutto con mano sicura ed esperta, attinge al
celeberrimo film di Rob Marshall – dove ogni numero musicale è la proiezione
fantastica della storia "reale" – e allo spettacolo teatrale di
Broadway di 23 anni fa, tanto essenziale quanto icona di eleganza e
raffinatezza, per trovare una sua via in un nostalgico viaggio nel genere
vaudeville, tra danza, musica e recitazione, con una orchestra dal vivo
brillantemente diretta da Maria Galantino, che fa rivivere la
variegata musica che va da pezzi di potentissimo jazz all’aria d’opera,
passando per il rag.
Questo
"giocare al vaudeville" ci ricorda quanto CHICAGO sia
espressione della gioia di sedurre un pubblico che va a teatro, soprattutto,
per essere sedotto; per esaltare tutto ciò ogni numero (e la maggior parte di
loro sono ostentatori) è spiritosamente introdotto da un manifesto mobile
portato da un "Presentatore", e pare brillare di una dichiarazione
implicita e irresistibilmente arrogante del tipo: «Guardami. Quello che sto per
fare sarà fantastico, e tu amerai ogni secondo di esso» perché, come scriveva
il critico del New York Times: «The America portrayed onstage may be a vision
of hell, but the way it's being presented flies us right into musical heaven».
Sinceri
applausi a tutti i meravigliosi interpreti di questa storia di «omicidio,
avidità, corruzione, violenza, sfruttamento, adulterio e tradimento», mi preme
ricordare Tiziana Salerno, perfetta voce da soprano che si ritaglia
un bel momento di teatro con la sua sciocca giornalista che crede alla bontà
delle persone; Federica Rini presta la sua magnifica voce alla
matrona carceriera Mama Morton sempre in cerca di prede; Matteo Francia,
che balla e canta benissimo, – ferma lo spettacolo con la sua voce da crooner
vellutato – sopperisce alla mancanza di un fascino maturo, vista la giovane
età, conferendo al suo cinico avvocato mascalzonaggine con straordinaria
simpatia; lodi a Pierluigi Cocciolito che stravince nel suo
triste Mr. Cellophane (semplicemente geniale la trovata di Marconi!),
autoritratto dell'ignorato e tradito marito dell'assassina principale: Roxie
Hart. Roxy è Elisa Gobbi, piccola, bionda, nervosa: un cartone
animato sexy dai tempi comici perfetti e irresistibili; Alice Luterotti è
Velma, alta, bruna, aggressiva, una fascinosa amazzone. Giovanissime e
superbamente preparate entrambe, ballerine acrobatiche, cantanti ricche di
verve, attrici piene di umorismo, sensuali ciascuna a suo modo, insieme formano
una coppia superlativa; non capita spesso di vedere due così, oltretutto in
gara continua per superarsi a vicenda in una vincente alchimia.
Graditissima
rivelazione della serata il giovanissimo Tommaso Perazzoli, il
Vaudeville Dancer, semplicemente pazzesco: fa venire subito giù il teatro
durante l’overture che introduce "All That Jazz" con un assolo di tap
memorabile! E qui occorre ricordare l’ingegno di Gillian Bruce, oggi davvero la
numero uno in Italia per l’estro creativo che mette nei suoi lavori: in questa
occasione ci mostra davvero un manuale di danza che seppur omaggiando Bob
Fosse, il cui fantasma aleggia sempre in uno spettacolo del genere, ha saputo
reinventare molti numeri in maniera davvero sensazionale, tra citazioni e
contaminazioni! Come al solito la marcia in più degli spettacoli della BSMT
sono i cori sotto la rigorosa direzione musicale di Shawna Farrell.
Nota di merito alle scene di Gabriele Moreschi sapientemente
animate dall'ormai esperta e sofisticata illuminazione, stavolta sospesa tra il
varietà e uno stile "noir", di Emanuele Agliati.
Come
molti sanno, il primo allestimento di CHICAGO è
contemporaneo di A CHORUS LINE (1975), spettacolo che
ha lanciato in Italia la Compagnia della Rancia, e nel finalissimo di
questo CHICAGO Saverio Marconi lo omaggia citandolo
spiritosamente (Roxy e Velma simbolicamente unite come due vedette ai
ballerini di fila di A CHORUS LINE). Ultima considerazione:
Marconi è sempre a suo agio con i musical di Kander and Ebb… spigolosi,
scomodi, erotici, cinici, divertenti e, diciamolo, pure glamour. Con il suo
cupo e violento CABARET del 2015 Marconi ci ricordava
quanto la parola più bella (willkommen, bienvenue, welcome) sia di
questi tempi la più dimenticata; oggi con questo CHICAGO,
dove tutto il mondo è una truffa e lo show-business è la più grande truffa di
tutti («fintantoché li disorienti, non fanno caso a quanto menti», dice una
battuta del brano "Razzle Dazzle"), ci mostra con humour come questo
show sia stato così preveggente sulla giustizia spettacolo e il ruolo dei media
e – ahimè – ancora tristemente attuale.
Alessandro
Caria
Commenti
Posta un commento