FORTUNATISSIMO PER VERITA'

Il Barbiere di Siviglia firmato Pierre-Emmanuel Rousseau incanta e diverte il Regio di Torino

Paradigma della trasgressione interclassista in tutte le sue declinazioni letterarie e musical-teatrali, personaggio libero per antonomasia e trafficone per definizione, Figaro è un ruolo ambito e oggetto di mille (re)intepretazioni, grazie a una modernità travolgente e la sua intrinseca irrefrenabile vitalità. 


Nella bella regia di Pierre-Emmanuel Rousseau, che vive una affinità assonante con il compositore dell’opera, l’opera buffa per eccellenza assume un fascino magnetico e un’energia sempre ben calibrata e da cui è difficile non cadere affascinati. Ma il pregio maggiore dell'edizione vista al Teatro Regio di Torino lo scorso 28 gennaio 2023 e curata dal regista francese è la sua freschezza, il fascino di uno show visivamente ipnotico, e nel contempo attentissimo alle peculiarità drammaturgiche di  tutti i personaggi, dai più facili ai più ostici, senza perdere mai il brio e la cura del ritmo, ma soprattutto mantenendo un rispetto assoluto di libretto e partitura. 




Rousseau ha capito, e non è scontato, che per confezionare una messa in scena innovativa non è necessario, come troppo spesso accade di vedere, stravolgere ambientazioni e situazioni ma basta attingere a quella miniera d’oro di inventiva e forza centrifuga che è la partitura rossiniana. 
Il Maestro, che è forse il vero inventore del concetto moderno di ‘showstopper’, dissemina il pentagramma di mille effetti e trovate, per cui basta l’intelligenza di un bravo metteur en scène per trasformarle in gag, siparietti, (balletti addirittura!), spassosissimi ma senza perdere di verità e di schiettezza. 


Come non citare ad esempio le colorature della cavatina Una voce poco fa, che diventano urletti di una Rosina (un’affascinante Mara Gaudenzi, che impressiona per l’aderenza al ruolo e la voce cristallina) infastidita dalla malagrazia con cui Berta le pettina i capelli, oppure le effusioni segrete di Rosina e Almaviva (un multiforme Nico Darmanin) alle spalle (letteralmente) del barbogio don Bartolo, sottolineate da specifici richiami della partitura. Ma tutta la regia è un tripudio di idee, dal frattacchione simil-rasputiniano Basilio, dotato di poteri sovrannaturali e 'domotici' ante-litteram, visto che spalanca a distanza persiane e attiva fumi ed effetti speciali al suo apparire.
Rodion Pogossov è un Figaro guascone, spaccone, abile con ben altre lame piuttosto che quelle che ci si aspetterebbe da un mansueto barbiere, sfrontato nel rapporto con i “padroni” tanto da farsi un bagnetto nella fontanella domestica accanto a Rosina, insomma un Rugantino impunito con mossette tra Elvis e Celentano.


Molto affascinanti le scene e i costumi, sempre di Rousseau, che attinge a una paletta di colori e motivi ornamentali che ci trasportano immediatamente nella stupenda città spagnola tra cappe, balconcini moreschi, soffitti a rosone, piastrelle, inferriate, un piacere per gli occhi che ben si sposa al piacere sonoro di una partiture immortale, che come il protagonista non finirà mai di intrigare il pubblico.

Franco Travaglio

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